domenica 8 gennaio 2012


Io invece mi trovavo a mio agio in quel silenzio.
Ci svegliava prima dell'alba una preghiera vagante lungo i dormitori ancora bui, e molti restavano con gli occhi sbarrati, la testa un po' sollevata dal cuscino, nella leggera vertigine di passare di colpo da uno stato di sonno a uno di silenzio. Richiudevo gli occhi un istante, come per ritornare indietro, dal silenzio al sonno, prima di riaprirli di nuovo nella camerata ancora inebetita. Qualcuno stava già cominciando a infilarsi i calzoni sotto le coperte, mulinava in silenzio gambe e braccia, inarcava il dorso nello sforzo di creare un ponte con la spina dorsale.
Mi vestivo a mia volta sotto le coperte, senza fretta, mettevo i piedi giù dal letto, infilavo le calze, aprivo il cassetto del comodino di lamiera e scoperchiavo il barattolo del lucido, ci intingevo la punta della spazzola, infilavo la mano in ciascuna delle scarpe e cominciavo a stendere la pasta, prolungando l'operazione all'infinito per cogliere l'istante in cui il lucido si stendeva fino a sparire, perdeva consistenza, rimaneva solo luce lucente priva di corpo e di colore.
Facevo questo e altri giochi dell'eternità.

Nessun commento:

Posta un commento